
Per escludere la responsabilità del medico non è sufficiente il rispetto delle linee-guida
prof. Giampaolo Azzoni
Come stabilì la perizia medico-legale effettuata nel giudizio di 1° grado, il medico che decise la dimissione agì conformandosi alle linee guida (o protocolli medici) che prevedono la dimissione del paziente allorché egli sia in compenso cardiocircolatorio e si sia raggiunta la stabilizzazione del quadro clinico.
Ma, secondo la quarta Sezione penale della Corte di Cassazione, la conformità alle linee guida non è sufficiente ad escludere la responsabilità del medico che decise la dimissione.
Secondo i giudici, “il medico deve, con scienza e coscienza perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatagli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità”. Mentre le linee guida altro non sarebbero che “uno strumento per garantire l’economicità della gestione della struttura ospedaliera”.
Durissimo è il giudizio della Suprema Corte su chi antepone “la logica economica alla logica della tutela della salute”: eventuali direttive con tali finalità sono illegittime e il medico non è tenuto a rispettarle, ma deve sempre assumere le decisioni più opportune a tutela della salute del paziente. La correttezza del comportamento del medico non va quindi rapportata né a linee-guida, né a prassi correnti, ma alla specifica e complessiva situazione del paziente (che si ricostruisce non solo in riferimento alla tipologia dell’intervento, ma ad un’attenta anamnesi).
A mio modesto avviso, la sentenza della Cassazione penale è sicuramente positiva quando richiama il medico al suo dovere deontologico di fare il bene del paziente, ma presenta diversi aspetti problematici:
• è problematica l’assimilazione delle linee-guida a meri criteri di efficienza economica senza fondamento scientifico;
• è, conseguentemente, problematica l’asserita irrilevanza delle linee-guida per individuare i canoni di diligenza, prudenza e perizia dell’attività medica;
• è problematico il modo di determinare gli standard di comportamento alternativi alle linee-guida in quanto si appaleserebbero nella loro interezza dopo e non prima l’intervento medico;
• è, infine, problematica la confermata caratterizzazione del diritto alla salute come indipendente da valutazioni economiche in un contesto in cui – come Daniel Callahan ha ben descritto – i costi della medicina sono crescenti e, pertanto, si pone sempre più drammaticamente un problema di giustizia distributiva.