
Questo nuovo orizzonte biologico che vede raggiungere ormai in tutti i paesi occidentali la soglia degli 80 anni, sembra essere in contrasto con il cammino dell’evoluzione che nel tempo ha selezionato dei meccanismi fisiologici protettivi fino all’età dei 40-50 anni, meccanismi che nelle fasi successive della vita possono invece comportare danni molto gravi all’organismo. Siamo quindi poco protetti nei confronti di certe malattie la cui frequenza aumenta a causa dell’allungamento della vita: se il nutrirsi abbondantemente era necessario per superare le carestie, oggi una alimentazione non corretta può portare problemi legati all’obesità e al diabete. Infatti nel mondo occidentale dobbiamo confrontarci non solo con patologie acute, come in passato, ma anche con problemi che derivano dalle nostre stesse abitudini sbagliate come un’alimentazione eccessiva e squilibrata, l’abuso di alcool, fumo e farmaci, la poca attività fisica e lo stress. Anche l’igiene individuale e sociale è importante nella prevenzione di molte patologie e infine una maggior attenzione all’ambiente potrebbe ridurre molti problemi di salute che ricadono sull’individuo e sulla società. Le patologie emergenti molte delle quali di tipo cronico degenerative ci possono accompagnare per lunghi anni, così i tumori dove un’iperattività cellulare blocca il normale funzionamento di un organo, o le infezioni sostenute da virus e batteri che ci lasciano i segni di una infermità non curabile.
Secondo stime basate su modelli animali e calcoli matematici, l’uomo potrebbe vivere ancora più a lungo e le cellule staminali insieme al perfezionarsi della chirurgia potranno cambiare “pezzi malati”. Una realtà prossima, ai confini della fantascienza? Modificare, sostituire, in una parola curare: ricomporre l’organo malato e le sue funzioni e ridare la possibilità di vita. Un problema complesso che ci farà riscrivere quanto dice la bioetica, che ci permetterà di scegliere il momento della nascita e della morte. Di fronte a una nuova rappresentazione individuale e sociale della malattia, il cittadino rimane attore principale della sua salute accanto al medico e agli altri operatori sanitari. La malattia diventa inscindibile dalla psicologia del paziente, dalle sue emozioni e dalla sua vita sociale in un rapporto sempre più autonomo e responsabile dove il soggetto è la malattia stessa e in ultima analisi la malattia si racconta. Si racconta sottovoce nella disperazione e nella solitudine del dolore, si racconta urlando tutta la sua forza, quando il soggetto cerca di superarla e vincerla nella condivisione con gli altri.
Di fronte agli attuali cambiamenti è necessario prendere in considerazione una concezione più ampia di salute e benessere e quindi di terapia. Il protagonista indiscusso del cambiamento del rapporto salute/malattia è stato il farmaco: partendo dalle origini, dalla nascita della farmacia, quando per la prima volta “la figura dello speziale si affranca da quella del medico che fino ad allora riuniva in sé le due professioni, stabilendo la diagnosi, la conseguente terapia e approntando i medicamenti necessari”. Il concetto di farmaco è cambiato nel tempo, prima legato solo ai termini cura e terapia, oggi è imprescindibile dalla rappresentazione mentale e sociale che ogni individuo ha nei confronti del remedium: pillola miracolosa, alimento, sostitutivo psicologico ?
Ancora oggi molti esperti, tra cui Andrea Poli, Direttore scientifico della Nutrition Foundation of Italy in una intervista che ci ha rilasciato focalizza nuovamente l’attenzione sull’alimentazione e sugli stili di vita corretti per prevenire la malattie del futuro, anzi una corretta alimentazione sarà forse in grado di controllare i fenomeni infiammatori e inoltre “Probabilmente in un futuro ormai non troppo lontano la “distanza” tra farmaci e alimenti si ridurrà sensibilmente. La prevenzione delle malattie degenerative, dovrà infatti necessariamente basarsi su alimenti con specifiche caratteristiche di natura funzionale…”