
In questi giorni la cronaca ci obbliga ad allargare lo sguardo dai problemi della salute “fisica” e del “benessere” a problemi drammaticamente più gravi che però tendiamo a ignorare (forse proprio perché profondi) che riguardano la salute “mentale”.
Mi riferisco alle vicende dei suicidi spinti dal “branco del web”, così potente particolarmente nell’età critica della prima adolescenza. Non posso aprire qui un complicato (ma che sarebbe così necessario fare in adeguato contesto!) discorso sulla fragilità emotiva e di personalità dei nostri ragazzi né sollevare la questione della incapacità dei genitori postmoderni di assumersi l’onere del sacrificio di sé per il bene dei figli (altro tasto dolentissimo e politicamente scorretto!). Voglio invece dire che sono abbastanza stufo della retorica che sempre circonda il dibattito su questi casi drammatici di cronaca, che gira a vuoto sul tema più o meno così riassumibile: “si è vero, il web è rischioso, ma non possiamo farci nulla perché il web deve essere libero”.