
Accoglienza: parola chiave per i principi di un’etica della cura del senescente.
Il secondo principio potrebbe stare dalla parte della promozione della “cosa” della senescenza, per quel che essa può diventare. La senescenza non è solo luogo di risorse, ma anche luogo di progetti possibili. Fondamentalmente, progetti di dilatazione della universale disponibilità e di intensificazione della fruizione, tanto più, quanto più le condizioni fisiche e mentali lo permettono. Ad es., coltivazione delle relazioni personali (incontri sociali, rapporti amicali, interventi, occasioni di gioco), attenzione per il lavoro gratificante, perché commisurato alle proprie forze (ad es. il giardinaggio), per l’arricchimento spirituale attraverso la lettura, per l’ascolto della buona musica, per lo studio di nuovi argomenti, per la coltivazione delle virtù, per la vita di preghiera, se si è credenti . E non si dimentichi che un senescente può essere per gli altri fonte privilegiata di direzione sapienziale e di consiglio ecc.
La dilatazione della forma dell’accogliere non va, però, solo intesa come rivolta alle relazioni storiche interpersonali, ma anche come riconoscimento del senso della vita nella sua forma più alta. Quella che dirò ontologico-metafisica. Qui io porrei il terzo principio di un’etica della vita senescente. Almeno secondo tre scansioni.
Anche qui, l’esperienza insegna. I più vecchi spesso alludono alla loro morte vicina, perché gli avvenimenti della giornata o le occasioni di dolore o di impotenza la suggeriscono loro. Sanno che presto devono lasciare le loro cose e le loro relazioni e temono naturalmente l’inevitabile. Intanto, dinanzi alla paura della morte, le cose cominciano a cambiare aspetto. Ciò che una volta sembrava importante, diventa quasi privo di interesse (il potere, il piacere sessuale, il successo, il denaro ecc.) e ciò che prima si lasciava nello sfondo, e quasi si disprezzava, appare ora prezioso (l’autonomia nella deambulazione, la sicurezza personale, la possibilità di incontrare gente con cui intrattenersi ecc.). Su tutto domina, però, l’oscura percezione dell’inafferrabilità del mondo. Le cose, come gli anni, non vengono più, se ne vanno (diceva B. Croce).
Ebbene, se ci si persuade della gratuità della vita, tutto può diventare più leggero e più amabile, anche quando pare inafferrabile. Del resto, noi le cose non l’abbiamo mai propriamente afferrate. È sempre rimasta, rispetto a noi, la loro possibilità di sfuggirci, anche quando non l’abbiamo sperimentata. Esse sono venute a noi sin da quando siamo venuti (anche noi) a questo mondo, così come esse vengono ancora nella senescenza. La percezione distorta era quella della passata giovinezza, non questa, della senescenza. Sempre le persone e le cose sono venute avanti nella loro bellezza e in una qualche oscura promessa di complicità nel bene. Nella senescenza tutto questo è destinato a diventare più chiaro. Se davvero questo accade, può nascerne la serena convinzione che niente di ciò che è buono ci verrà mai sottratto, nonostante l’amara destinazione al morire. E allora, morire non sarà così difficile.