
Finora la cosiddetta precision medicine è stata riservata quasi esclusivamente alla cura dei tumori, area nella quale si è rivelata efficace soprattutto nell’identificare una stretta correlazione fra particolari tipologie neoplastiche e specifiche alterazioni del genoma.
In campo cardiologico la sua applicazione si dovrebbe però spostare dalla genetica all’epigenetica, ovvero a quell’insieme di modificazioni, potenzialmente ereditabili di generazione in generazione, che non intervengono direttamente sulla sequenza di DNA, ma sulla sua struttura, influenzando così l’espressione (e quindi l’attivazione o la disattivazione) di determinati geni. Tali modificazioni possono riguardare solo alcuni tipi cellulari e vengono spesso indotte dall’ambiente esterno, dalla dieta o dallo stile di vita nell’arco di tutta la vita di un individuo (dalla fase embrionale fino alla vecchiaia). Lo studio del profilo epigenetico potrebbe perciò rivelarsi di grande utilità per il trattamento e la prevenzione dell’ipertensione: questa patologia è infatti causata da molteplici fattori, che possono variare in maniera considerevole da paziente a paziente, e che dipendono solo in minima parte da variazioni nella sequenza del DNA.
In questi anni è stata dimostrata un’errata regolazione epigenetica per numerose patologie cardiovascolari; ciononostante, le conoscenze in merito sono ancora in una fase iniziale, soprattutto per quanto riguarda una possibile applicazione in campo clinico. Gli esperti concludono quindi che, perché tale approccio possa portare, sul lungo termine, allo sviluppo di nuovi target terapeutici personalizzati, sia necessario il lavoro congiunto di diverse figure con competenze che devono spaziare dalla clinica, alla ricerca in laboratorio fino all’epidemiologia.
Per approfondimenti: Kotchen TA et al. Ushering hypertension into a new era of precision medicine. JAMA 2016.