Una delle maggiori scoperte della linguistica contemporanea è che le lingue non possono variare indefinitamente: ogni grammatica deve sottostare a un insieme ristretto di principi generali che ammettono solo alcuni gradi di libertà. Questo sistema è così complesso che l’uniformità soggiacente a tutte le lingue è sfuggita all’osservazione per secoli. Solo le grammatiche formali sono state in grado di giungere a questa scoperta negli ultimi cinquant’anni di ricerche. L’esistenza di questi limiti di variazione tra le lingue pone un quesito semplice, vale a dire se si tratti di una convenzione arbitraria di natura culturale o sia il prodotto di un programma biologicamente determinato. L’esplorazione del funzionamento del cervello in vivo ha fornito una risposta chiara. Verificando l’acquisizione di grammatiche artificiali che violano i principi generali comuni a tutte le lingue è stato infatti possibile fornire una spiegazione di tipo neurobiologico sull’esistenza di “lingue impossibili”, suggerendo che “i confini di Babele” non solo esistono ma sono inscritti nella nostra carne.
Neurolinguista e scrittore, Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia.