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Il grande gioco di mente e parole. Allenarsi al e con il linguaggio

Stefano Bartezzaghi

15/10/2017

Giocare con le parole ci fa bene? Il linguaggio racconta qualcosa della natura della nostra mente e delle nostre abilità? Quanta memoria si deposita nelle parole?
Ne parliamo con Stefano Bartezzaghi, semiologo, giornalista e scrittore, autore di rubriche sui giochi, sui libri e sul linguaggio per La Repubblica e L’Espresso (“Lessico e Nuvole”, “Lapsus”, “Fuori di testo”, “Come dire”), professore alla IULM, figlio dell’enigmista Piero e fratello di Alessandro (condirettore della Settimana Enigmistica), allievo di Eco e autore, tra l’altro, del recentissimo “Parole in gioco”.

Stefano Bartezzaghi

Stefano Bartezzaghi, milanese, già all’età di 9 anni incomincia a collaborare con tutte le principali riviste enigmistiche italiane, come autore e solutore di giochi. Si laurea all’Università di Bologna con una tesi in semiotica seguito dal professore Umberto Eco. Dal 1987 cura rubriche su giochi, libri e sul linguaggio per importanti giornali quali La Stampa, La Repubblica, Vanity Fair sue le rubriche “Lessico e Nuvole”, “Lapsus”, “Fuori di Testo” e per il settimanale L’Espresso la rubrica di critica linguistica “Come dire”. È stato direttore di Golem, la prima rivista culturale italiana pensata solo per il web. Ha condotto rubriche radiofoniche su argomenti di linguistica per Radio Due e ha lavorato come consulente culturale alla direzione delle tre reti radiofoniche di Radio Rai. Sempre in qualità di consulente culturale, ha lavorato a note trasmissioni televisive tra cui Anima Mia di Fabio Fazio (RaiDue), Pinocchio di Gad Lerner. Recentemente ha ideato il festival sull’umorismo “Il senso del ridicolo” (a Livorno), di cui è direttore artistico. I suoi studi attuali si rivolgono alla teoria del gioco con le parole, la revisione critica del concetto di creatività, le forme di creatività passiva, la possibilità di una semiotica della creatività e le mitologie del contemporaneo.

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