Sandro Spinsanti è laureato in Teologia morale e Psicologia, con formazione psicoterapeutica. Ha insegnato Etica medica nella facoltà di Medicina all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Bioetica all’Università di Firenze. È stato componente del Comitato Nazionale per la Bioetica e presidente di numerosi comitati etici per la ricerca. Ha fondato l’Istituto Giano per le Medical Humanities e il management in sanità (Roma). Ha diretto la rivista di Medical Humanities Janus (ed. Zadig). Autore di numerose pubblicazioni, ricordiamo tra gli ultimi: La cura con parole oneste, Il Pensiero Scientifico, Roma 2019; Sulla terra in punta di piedi. La dimensione spirituale della cura, Il Pensiero Scientifico, Roma 2021, Una diversa fiducia. Per un nuovo rapporto nelle relazioni di cura, Il Pensiero Scientifico, Roma 2022.
L’emergenza della pandemia sembra aver spostato il centro di gravità della cura dall’high touch all’high tech. Eppure la cura è intrinsecamente costituita da farmaci e parole. E affinché possano curare, le parole devono essere oneste.
Quali sono le parole da evitare e quali da privilegiare nella medicina che vorremmo?
La situazione della pandemia ci ha portato in modo quasi obbligato in un contesto in cui il pluralismo etico si è tradotto in estraneità morale. Persone con le quali avevamo condiviso orientamenti politici e preferenze estetiche, persone che non avremmo esitato a chiamare amici di lunga data, di fronte alle questioni di spiegazione della pandemia, della necessità di vaccinarsi, di indossare la mascherina e di adottare misure precauzionali per non infettare e non essere infettati, hanno fatto affiorare un’estraneità insanabile. Ci siamo scoperti stranieri morali, sull’orlo di considerarci reciprocamente nemici morali. Ancora più dolorosa e drammatica è stata la pressione che questa estraneità ha esercitato sui medici e sul personale sanitario.