Giuseppe Varchetta è Psicologo dell’organizzazione di formazione psico-socioanalitica. Dopo una lunga esperienza nell’area della formazione, dello sviluppo organizzativo e della gestione del personale, è stato professore a contratto presso l’Università Statale Bicocca di Milano e presidente di ARIELE.
La specificità distintiva del comportamento umano consiste nella disposizione ad assumere il punto di vista dell’altro.
Mai come quest’anno abbiamo assistito, di persona o attraverso i media, ad una generale condizione di dolore, di paura, di incertezza. Quanto abbiamo saputo – o voluto? – esercitare questa nostra peculiarità?
L’idea che la mente umana sia un dispositivo che si limita a registrare passivamente i dati di realtà che provengono dal mondo esterno è, per fortuna, da tempo e definitivamente tramontata. Oggi sappiamo che la componente “creativa” della mente è fondamentale nei processi di conoscenza e che quindi l’informazione non si trasmette ma si crea, e si crea al livello del ricevente. Del resto, ciò risulta chiaro addirittura dalle pitture rupestri che i nostri progenitori facevano nelle grotte, decine di migliaia di anni fa: solo una mente creativa poteva immaginare di disegnare gli animali attraverso i loro contorni, contorni che nella realtà ovviamente non esistono. Il cinema, con la sua ricchezza multisensoriale e la sua costitutiva polisemia, con il suo essere contemporaneamente così “realistico” e così artificiale, è un terreno oltremodo fertile per ragionare su questi temi, nella fondata ipotesi che le distinzioni che la nostra mente opera mentre guarda un film non ci dicono solo come è fatto il film ma anche, e soprattutto, come è fatta la nostra mente.
Le donne e gli uomini hanno a disposizione una straordinaria risorsa, la loro mente. Così come la razionalità è una lenta conquista, un risultato mai del tutto raggiunto, così la mente è una realtà da conquistare con un lungo cammino caratterizzato da cura. La facoltà razionale della mente non è tale in sé se non conserva del mondo emotivo profondo le tracce più floride, più feconde. La mente funzionante è così una mente che crea continuamente immagini, che metabolizza e trasforma in fattori di creatività e di decisionalità. Il cinema, creando uno spazio emozionale lassù nello schermo, gioca da sempre un grande ruolo nella sua relazione continua con la mente degli spettatori e delle spettatrici seduti nella sala buia.