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DISTURBI ALIMENTARI, FATTORI SCATENANTI E PREDISPOSIZIONE

giovedì 15 giugno 2023

«Conoscenza e formazione fondamentali per la cura»

di Silvia Giralucci

 

In comune hanno l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo: sono i disturbi del comportamento alimentare, problema serio che è diventato ancora più grave dopo il lockdown, sia per il numero dei casi, sia per l’età d’esordio della malattia. Alla fondazione Zoé, Zambon Open Education, ne hanno parlato nell’ambito dell’incontro «Disturbi dell’alimentazione: conoscerli per riconoscerli», Alessandra Sala, psichiatra, responsabile del Centro di riferimento provinciale di Vicenza per i disturbi del comportamento alimentare e del peso, e il dottor Vincenzo Munno, endocrinologo, responsabile del day hospital dello stesso centro dell'ospedale San Bortolo.

«I disturbi del comportamento alimentare - ha spiegato la dottoressa Sala - sono disturbi primariamente di tipo psichiatrico. Tra i disturbi principali ci sono l'anoressia nervosa, un disturbo caratterizzato da una volontaria restrizione dell’alimentazione che arriva spesso a un sottopeso molto marcato, abbinata a un'attività fisica importante e un'intensa paura di recuperare il peso perso. Caratteristica principale della bulimia nervosa sono, invece, le abbuffate di cibo seguite da vomito. Il disturbo da alimentazione incontrollata (BED, binge eating disorder) è come la bulimia nervosa, ma senza vomito, ed è quindi caratterizzato da un importante aumento di peso che diventa spesso obesità. Tra i disturbi principali c’è anche il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID) che riguarda soprattutto i bambini molto selettivi o impauriti rispetto a quello che mangiano».

Le diagnosi, chiariscono gli esperti, possono tra l’altro migrare nel tempo e una giovane donna può iniziare con un disturbo da anoressia nervosa che nel tempo può diventare una bulimia o addirittura, per esempio, sfociare poi in un BED.

«Quantificare la prevalenza di questi disturbi - ha spiegato il dottor Munno - non è semplice, perché non tutti i pazienti vengono intercettati da un servizio ospedaliero, e non sempre sono trattati nell’ambito della sanità pubblica. Di certo sappiamo che sono prevalentemente a carico delle donne, anche se il numero dei maschi sta aumentando. Durante il Covid c’è stato un aumento del 50% dei ricoveri per disturbi alimentari, ma con una grande variabilità per fasce d’età. Se i ricoveri degli adulti sono aumentati del 16%, quelli pediatrici sono quasi raddoppiati, + 83%. In generale, dal 2018 al 2022 i nuovi casi nel centro dell’ospedale San Bortolo sono aumentati costantemente, e per 3/4 i nuovi casi sono ragazze al di sotto dei diciott’anni».

Gli studi degli ultimi anni hanno chiarito che per i disturbi alimentari non si può parlare di una vera e propria causa: concorrono una predisposizione, alcune concause e fattori scatenanti. «Abbiamo notato - afferma Sala - che ci possono essere elementi biologici, perché non è infrequente che ragazze e ragazzi che soffrono di una patologia di questo tipo abbiano qualcuno nella famiglia che ne ha sofferto. Potremmo anche mettere tra i fattori genetici anche alcuni aspetti di personalità, un basso livello di autostima o un perfezionismo clinico, che possono diventare un elemento di rischio quando, per esempio, ci sono dei fattori che diventano precipitanti».

Un fattore precipitante per molti giovani è stata per esempio la pandemia: stressante per tutti ma ancora di più per dei soggetti più fragili, più predisposti. Ma altri fattori possono essere traumatiche rotture famigliari, cambi di vita, trasferimenti e, spesso, una dieta.

«Spesso - racconta Sala - il problema inizia con un comportamento normale, ben accettato e anzi incoraggiato dalle famiglie: dieta e esercizio fisico. Ad un certo punto, nonostante la diminuzione del peso magari anche significativo, questi diventano i fattori scatenanti: rimane la paura di ingrassare e si entra nel circolo vizioso».

«Il trattamento multidisciplinare - dice l’endocrinologo - è una necessità per i disturbi alimentari: accanto allo psichiatra ci deve essere lo psicologo e poi i pediatri, gli internisti, l'endocrinologo, i nutrizionisti, i dietisti per le complicazioni organiche. A questi si aggiungono altre figure, soprattutto quando ci sono dei trattamenti che sono in day hospital o in ospedale, come gli infermieri e i terapeuti della riabilitazione e gli educatori.»

«I disturbi alimentari - continua Munno - sono particolarmente complessi perché chi ne soffre quasi sempre non si rende conto di essere ammalato e per questo ha una scarsissima motivazione alla cura. Spesso si arriva dal medico di famiglia, dal pediatra, quando i sintomi già ben presenti da tempo e quando si è già perso molto peso».

La presa in carico dei pazienti coinvolge, oltre alla persona malata, tutta la famiglia che deve affrontare un percorso psico educativo per evitare che comunicazioni distorte possano portare a un mantenimento del disturbo.

Foto di Annie Spratt su Unsplash.