Le metafore sono apprezzate per la capacità di generare immagini mentali anche ardite: ma per i più piccoli la comprensione non è immediata. Gli studi di linguistica della professoressa Valentina Bambini.
di Silvia Giralucci
Sebbene la metafora sia studiata sin dai tempi di Aristotele, conosciamo ancora molto poco di questo fenomeno dal punto di vista cognitivo. Valentina Bambini, Professoressa ordinaria di Linguistica presso la Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia, alla Settimana del Cervello organizzata da Fondazione Zoé - Zambon Open Education a Vicenza ha illustrato i suoi studi sui processi cognitivi e sulle basi neurali delle abilità di comprensione delle metafore nell’arco della vita e nella patologia.
Combinando la ricerca teorica in linguistica e le più avanzate tecniche sperimentali della psicolinguistica e della neurolinguistica ha affrontato la sfida di svelare i meccanismi che supportano la comprensione delle metafore.
«Quando pensiamo alle metafore - spiega Bambini - pensiamo a qualcosa che pertiene all'ambito umanistico, agli studi di letteratura. Ma le metafore possono essere viste anche dal punto di vista della lente cognitiva, che è anzi una lente molto importante perché la nostra capacità di comprendere le metafore rappresenta il vertice delle nostre abilità linguistiche e delle nostre abilità creative nella loro manifestazione linguistica».
Le metafore sono figure retoriche che ci consentono, a prescindere dal numero di parole che conosciamo, di rendere infinita la nostra capacità di esprimere concetti: generano significati aperti e per questo vi si ricorre molto spesso nella comunicazione persuasiva, negli spot, nella, nella pubblicità, nel linguaggio politico.
Quali meccanismi neurali sottendono la nostra capacità di comprendere le espressioni creative del linguaggio?
«La metafora - afferma Bambini - richiede la capacità di inibire il significato letterale delle parole per concentrarci su altri aspetti, richiede abilità cognitive complesse e capacità di cognizione sociale perché dobbiamo capire che chi sta usando la metafora ha un’intenzione comunicativa diversa da quella che manifesta a livello letterale. Quindi la comprensione di una metafora è decisamente un compito complesso».
Dal punto di vista evolutivo, la capacità di comprendere le metafore ha un’architettura cerebrale che nei bambini matura lentamente rispetto ad altre competenze linguistiche: a 6 anni solo il 5% dei bambini ha una corretta comprensione dell’espressione metaforica, percentuale che aumenta progressivamente fino a diventare prevalente attorno ai 14 anni.
«Negli ultimi anni - racconta Bambini - abbiamo cercato di capire un po’ meglio cosa c'è dietro questa difficoltà delle espressioni metaforiche nella scuola primaria. Abbiamo condotto una serie di studi con la collega Serena Lecce, del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Pavia, e abbiamo scoperto che ci sono alcune metafore che vengono capite prima di altre, per esempio le metafore fisiche. Le metafore incentrate su caratteristiche fisiche visibili, sensoriali («Certe ballerine sono farfalle», per fare un esempio) vengono comprese prima delle metafore che fanno riferimento a caratteristiche psicologiche e mentali».
Perché?
«Perché - spiega la docente - la comprensione della metafora oltre alle funzioni cognitive linguistiche richiede anche una capacità di leggere la mente dell'altro, di avere una teoria della mente dell'altro, di attribuire emozioni, intenzioni. Nei bambini la teoria della mente non è ancora sufficientemente matura per comprendere le metafore di tipo psicologico e mentale».
Una volta appurato che quindi la metafora non è così semplice per i bambini, che cosa possiamo fare?
«Qui - conclude Bambini - abbiamo un’indicazione molto pratica: bisognerebbe che questo tipo a questa conoscenza passasse agli operatori del settore. Pensate a quanta letteratura per bambini faccia uso di espressioni metaforiche senza in realtà porsi il problema dell'effettiva comprensione di queste espressioni».
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