Per Stefano Bertuzzi, Chief Executive Officer dell’American Society for Microbiology, l’emergenza Covid 19 ha messo in luce l’importanza di dare alla scienza un ruolo centrale nel dibattito politico.
di Silvia Giralucci
Il movimento “Black Lives Matter” deve far riflettere anche sul ruolo della scienza nella società. L’emergenza Covid-19 ha portato alla luce quanto sia importante che nel dibattito politico entri la scienza affinché i politici prendano decisioni sagge. “Ma se la scienza non assomiglia alla società come possono gli scienziati essere credibili? Nella classe dirigente della scienza gli afroamericani, i latini sono percentuali minuscole. In questa situazione è difficile far percepire la scienza come parte della società quando invece sono tra loro completamente diverse”. Sono parole di Stefano Bertuzzi, Chief Executive Officer dell’American Society for Microbiology (ASM) che nel corso del webinar “Gli Orizzonti della Salute” organizzato da Fondazione Zoé – Zambon Open Education con Il Giornale di Vicenza ha parlato di diagnostica, vaccini, terapie per Covid – 19 ma ha anche fatto una riflessione ad ampio raggio su salute, società e tensioni sociali negli Stati Uniti, dove vive da molti anni.
Dialogando con il direttore generale di Fondazione Zoé Mariapaola Biasi, Bertuzzi, nato e cresciuto a Piacenza, una delle zone più colpite dalla pandemia, ha raccontato come il suo impegno negli Usa durante l’emergenza Covid-19 abbia avuto anche una motivazione personale: “Mi è spiaciuto vedere l’Italia inizialmente bistrattata dal mondo intero”.
“Uno degli effetti collaterali positivi della pandemia è stato mettere sulla bocca di tutti la scienza. Nel dicembre 2019 conoscevamo sei Coronavirus. Tra questi, quattro non erano particolarmente pericolosi, due invece – la Sars nel 2002 e la Mers nel 2012 – hanno creato problemi molto seri che sono stati contenuti. In un articolo pubblicato in una rivista dell’American Society for Microbiology avevamo lanciato un monito del rischio di una diffusione su larga scala di questi Coronavirus perché i meccanismi di adattamento e di evoluzione lasciavano pensare a tutto questo. A dicembre 2019 il virus, probabilmente attraverso il pangolino, è entrato nella catena umana e di fatto si è trovato a disposizione una popolazione di 7 miliardi di umani che non avevano difese: un campo aperto per potersi espandere. Così ci siamo trovati nella situazione in cui siamo ora. Il Coronavirus-Sars-Covid 2 agisce legandosi a un recettore ACE 2 che crea una polmonite. Questo è stato il primo sintomo osservato: subito però c’è stato il sospetto che, siccome questo recettore ACE 2 è espresso in moltissimi tessuti del corpo umano, il virus potesse creare altri problemi oltre agli aspetti respiratori. E in effetti più conosciamo il virus e più ci rendiamo conto di quanto sia complessa la patologia. Ci siamo trovati di fronte al problema perfetto: un virus completamente nuovo, una platea di sette miliardi di persone senza alcuna precedente esposizione, una trasmissione per via respiratoria (quindi molto semplice) e poi, la parte più devastante, la contagiosità degli asintomatici. Normalmente ci si aspetta che i casi più severi siano quelli più contagiosi, e questo rende più semplice contenere la diffusione: per il Sars-Covid 2 è stato l’esatto opposto, la capacità infettiva degli asintomatici è stata veramente notevole”.
Bertuzzi ha fatto anche una panoramica sugli studi in corso in merito a vaccini e terapie: “Appena scoppiata la pandemia – ha detto – la diagnostica ha avuto un ruolo fondamentale per il contenimento del virus. C’è stata subito una grande attività, in Usa cosa particolarmente complessa da un punto di vista burocratico e resa difficile dalla scarsa disponibilità dei reagenti. Per quanto riguarda i vaccini possiamo fino a questo momento dire che si tratta, da un certo punto di vista, di un grande successo: abbiamo avuto il vaccino testato sull’uomo con una velocità mai avuta prima (42 giorni). Un evento molto positivo. A inizio luglio c’erano 115 trials clinici in tutto il mondo. Una grande preoccupazione per i prossimi mesi sarà la necessità di assicurare che, oltre la sicurezza, anche l’efficacia sia a livelli alti. E poi ci saranno da affrontare i problemi della produzione e distribuzione di un vaccino che andrà somministrato a sette miliardi di persone”.
“Per quanto riguarda le terapie – aggiunge – in poco tempo siamo riusciti ad approvare un farmaco per la Sars Covid 2, il Remdesivir, capitalizzando tutta la ricerca che era stata investita per Ebola. È un concetto importante quello degli investimenti per le malattie infettive: si tratta di costruire un corpus di conoscenza che diventa rilevante anche in circostanze che non erano state previste inizialmente. Remdesivir al momento è somministrato solo per via endovenosa. Ci sono altri farmaci sviluppati per base orale, che però non sono ancora stati approvati”.
La conclusione è sul ruolo della scienza nel dibattito politico: “Da un punto di vista sociale la pandemia ha in qualche modo messo in risalto l’utilità degli scienziati. Questo a me suscita una riflessione: quanto sono importanti, riconosciuti, gli scienziati nel dibattito politico? Pochissimo. Eppure sarebbe importantissimo che si connettessero con la politica e le istituzioni per portare l’evidenza scientifica all’attenzione della politica in modo che questa potesse prendere decisioni in modo consapevole. Gli scienziati molto spesso sono nella loro torre d’avorio. E invece devono essere parte della società, non mettersi al di sopra a spiegare. Bisogna riportare la ricerca e la scienza a servizio dell’uomo e della società, perché il loro compito è rispondere ai bisogni della società”.
Di qui la riflessione sulla scarsa rappresentanza delle minoranze etniche ai vertici della scienza: un problema non solo per gli esponenti di queste minoranze, ma per la scienza, per tutti noi. “Nel 2050 – conclude Bertuzzi – quelle che oggi sono minoranze etniche saranno maggioranza negli Usa. Quando c’è stato il terrificante omicidio di George Floyd a Minneapolis, che è solo la punta dell’iceberg, ho chiuso American Society for Microbiology (ASM) per un giorno in segno di lutto. Non è un problema solo di facciata: diversità e inclusione sono temi fondamentali per il futuro della scienza e della nostra società”.
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