Quando gli studi sul cervello arrivano in tribunale possono essere usati sia dall’accusa per rafforzare l’idea che l’imputato sia una persona pericolosa sia dalla difesa per dimostrarne l’innocenza. Che cosa è possibile dire sulla responsabilità di un individuo tramite le neuroscienze? Quali sono i vantaggi e i limiti di queste tecnologie? E come possono dialogare con la legge senza interferire con l’autonomia decisionale dei giudici? Ce lo spiega Daniela Ovadia, giornalista scientifica e neuro-eticista, docente di Neuropsicologia Forense e Neuroetica all’Università di Pavia, impegnata nel progetto di ricerca europeo PROTON che mira a disegnare un modello predittivo del comportamento criminale nelle organizzazioni a delinquere e nel terrorismo.
Giornalista scientifica e neuro-eticista, Daniela Ovadia è docente di Neuropsicologia Forense e Neuroetica all’Università di Pavia. E’ impegnata nel progetto europeo PROTON che mira a disegnare un modello predittivo del comportamento criminale nelle organizzazioni a delinquere e nel terrorismo. Come giornalista è direttore scientifico di “Fondamentale” (la rivista dell’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) e scrive per numerose testate tra cui “Le scienze”, “Mente e Cervello”, “Focus”, “Wired” “Corriere della Sera”, “L’Espresso”. E’ titolare del blog di neuroscienze “Mente e Psiche” . All’Università di Pavia è fondatrice e condirettrice del “Neuroscience and Society Lab, Department of Brain and Behavioral Sciences” il cui obiettivo è analizzare l’impatto delle scoperte neuroscientifiche sulla società con particolare attenzione agli aspetti etici e legali e collabora con lo “European Center on Law, Science and New Technologies” nell’ambito dell’intersezione tra neuroscienze e legge, della neuroetica, della ricerca e dell’innovazione responsabile nei settori della robotica e dell’intelligenza artificiale.