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Mente criminale. Le neuroscienze in tribunale

Daniela Ovadia

10/10/2016

Quando gli studi sul cervello arrivano in tribunale possono essere usati sia dall’accusa per rafforzare l’idea che l’imputato sia una persona pericolosa sia dalla difesa per dimostrarne l’innocenza. Che cosa è possibile dire sulla responsabilità di un individuo tramite le neuroscienze? Quali sono i vantaggi e i limiti di queste tecnologie? E come possono dialogare con la legge senza interferire con l’autonomia decisionale dei giudici? Ce lo spiega Daniela Ovadia, giornalista scientifica e neuro-eticista, docente di Neuropsicologia Forense e Neuroetica all’Università di Pavia, impegnata nel progetto di ricerca europeo PROTON che mira a disegnare un modello predittivo del comportamento criminale nelle organizzazioni a delinquere e nel terrorismo.

Daniela Ovadia

Giornalista scientifica e neuro-eticista, Daniela Ovadia è docente di Neuropsicologia Forense e Neuroetica all’Università di Pavia. E’ impegnata nel progetto europeo PROTON che mira a disegnare un modello predittivo del comportamento criminale nelle organizzazioni a delinquere e nel terrorismo. Come giornalista è direttore scientifico di “Fondamentale” (la rivista dell’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) e scrive per numerose testate tra cui “Le scienze”, “Mente e Cervello”, “Focus”, “Wired” “Corriere della Sera”, “L’Espresso”. E’ titolare del blog di neuroscienze “Mente e Psiche” . All’Università di Pavia è fondatrice e condirettrice del “Neuroscience and Society Lab, Department of Brain and Behavioral Sciences” il cui obiettivo è analizzare l’impatto delle scoperte neuroscientifiche sulla società con particolare attenzione agli aspetti etici e legali e collabora con lo “European Center on Law, Science and New Technologies” nell’ambito dell’intersezione tra neuroscienze e legge, della neuroetica, della ricerca e dell’innovazione responsabile nei settori della robotica e dell’intelligenza artificiale.

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